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Player Zone Giochi gratis e utili app

In questo articolo in spieghiamo come giocare gratuitamente sul web in modo del tutto gratuito.

Accedendo al sito web Giocare a giochi online gratuiti (player.zone)

Possiamo scegliere la lingua dei giochi sulla destra dello schermo

In seguito scegliere il gioco con cui divertirsi, ci sono dai più classici come solitario e pac man, ai più moderni .

In fondo alla home page troviamo anche delle utili app come il convertitore di unità ( accellerazione, luminosità, massa ecc), pianoforte viruale, un test di velocità poco affidabile.. consigliamo infatti fast.com o nperf.it citati in un precedente post molto più accurati.

Inoltre abbiamo l’identificativo del nostro indirizzo ip pubblico o generazione di qrcode app carine.

Appena scegliete di interagire con un app o un gioco vi si presenta il banner della priacy, cliccando su impostazioni si può settare a dovere.

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Gioco segreto del dinosauro in Google

 Il gioco del dinosauro, che appare in Chrome se tentate di aprire una pagina web ma non avete connessione. 

Vi sarà capitato più volte di riuscire a finire su questa particolare pagina ma forse non tutti sanno che è anche possibile giocare con Chrome e il suo dinosauro ogni qualvolta vogliate.

Per far partire il gioco da computer non dovrete per forza togliere Internet al vostro dispositibo o andare offline. Aprite semplicemente Google Chrome e digitate:

chrome://dino/

Adesso è necessario premere la barra spaziatrice (se siete da PC) o toccate la schermata (se siete da smartphone o tablet). A questo punto il dinosauro inizierà a correre verso i cactus che dovranno essere evitati. Si può saltare usando la barra spaziatrice nella versione per computer ma è consigliabile utilizzare le frecce su e giù, visto che sarà necessario abbassarsi per evitare le aquile che provengono dall’alto.

Per chi accede al gioco da mobile, invece, il gioco partirà toccando il T-Rex che salterà solo quando si tocca lo schermo. In questo caso, però, non ci sono le aquile e quindi non serve abbassarsi per schivarle.

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Il gioco segreto di Microsoft Edge

Con la nuova versione di Edge, il browser Microsoft, è stato aggiunto un bel gioco di surf che si può avviare quando siete offline ( e anche quando lo sei digitando edge://surf nella barra degli indirizzi di Edge ) . Il gioco si ispira al famoso SkiFree ed è stato reso ancora più carino con una nuova ambientazione grafica.

Questa nuova funzionalità è stata aggiunta con l’aggiornamento del 28 febbraio 2020 ed è disponibile solo nelle versioni beta di Microsoft Edge di Canary, anche se dovrebbe essere disponibile su tutte le nuove versioni a partire da fine aprile 2020.

Per avviare al gioco segreto di Microsoft Edge, devi digitare edge://surf nella barra degli indirizzi di Edge e premere il tasto Invio sulla tastiera.

Se stai utilizzando una delle versioni di Edge in cui è stato incluso il gioco, verrà caricato immediatamente il gioco di surf e ti potrai divertire con questo simpatico passatempo. La prima parte del comando che bisogna scrivere, e cioè edge:// , sta ad indicare che si vuole caricare una pagina interna dell’applicazione di Microsoft Edge.

Verrà visualizzata sulla pagina la schermata di selezione del personaggio, quindi utilizzando i tasti freccia sinistra e freccia destra per scegliere il personaggio e la barra spaziatrice per confermare e iniziare a giocare.

Lo scopo principale è quello di percorrere la distanza più lunga possibile con la vostra tavola da surf (che potete comandare con i tasti direzionali); dovete però fare attenzione ai diversi ostacoli che intralciano il vostro percorso, anche se si hanno comunque tre vite a disposizione.

Abbiamo poi altre due modalità: una consiste nell’affrontare una prova a tempo in cui bisogna terminare il percorso nel tempo minore possibile. Nell’altra invece dovrete effettuare quanti più slalom possibili all’interno di alcune parti dell’oceano delimitate da coni.

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Come effettuare il reset del toner della brother MFC L2710DN/DW.

Durante la fase di sostituzione toner può capitare di effettuare il cambio prima che la stampante indichi che la cartuccia è effettivamente finita (“Toner esaurito”).
Se il toner viene sostituito prima di questa segnalazione il contatore interno delle pagine normalmente non viene azzerato mantenendo il numero pagine precedente. Questo significa che la stampante indicherà toner esaurito dopo alcune stampe.

In questi casi ci sono sistemi alternativi che permettono l’azzeramento del contatore. Normalmente la procedura sulla Brother MFC L2710DN/DW è la seguente:
1. Aprire il coperchio frontale della stampante
2. Premere contemporaneamente i tasti CLEAR STOP/EXIT.

Rilasciare i tasti e premere una volta il tasto CLEAR.

La sequenza descritta al punto 2 deve essere svolta velocemente, diversamente non andrà a buon fine

3. Premere il tasto FRECCIA GIU’ fino alla voce K.TNR-HC (toner nero alta capacita’)
4. Premere il tasto OK per confermare la scelta. L’immagine sottostante mostra la posizione dei tasti OK e FRECCIA GIU’ sul pannello della stampante.

5. Sul display della stampante apparirà la voce RESET ESCI. Premere il tasto FRECCIA SU sul display appare la scritta ACCETTATO.
6. Chiudere il pannello frontale della stampante; è pronta all’uso.

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Download Upload e Speed test, questi sconosciuti!

Per trasferire i dati su una rete da o verso un determinato dispositivo si possono utilizzare soltanto due diverse modalità: o quella in download, o quella in upload:

  • in download (si pronuncia dàunlòad) significa che il trasferimento dei dati avviene dalla rete in questione al dispositivo utilizzato. In questo caso, infatti, si parla solitamente di scaricamento dei dati. Ad esempio, fare il download di un file significa semplicemente scaricare quel file sul proprio dispositivo;
  • in upload (si pronuncia aplòad) significa che il trasferimento dei dati avviene dal dispositivo utilizzato alla rete in questione. In questo caso, infatti, si parla solitamente di caricamento dei dati, proprio come quando si carica un file con lo scopo di allegarlo ad un’email.

In entrambi i casi, la velocità con cui si scaricano o si caricano i file su una rete viene normalmente misurata o in kilobit per secondo, indicata solitamente con kbps, kbit/s o talvolta anche come kb/s, o, altrimenti, in megabit per secondo, indicata solitamente con MbpsMbit/s o talvolta anche come Mb/s.
Siccome un byte è uguale a 8 bit, dividendo per 8 un qualsiasi valore di queste velocità, si ottiene invece la quantità di dati che si sta trasferendo in quel preciso momento, la quale viene solitamente espressa o in kilobyte al secondo (si pronuncia chilobàit), o in megabyte al secondo (si pronuncia megabàit). Ad esempio, se stai caricando un file con una velocità in upload di 7 Mbps, cioè di 7.000 kbps, significa che stai caricando una quantità di dati con una velocità al massimo pari a 7.000 kbps / 8 bit, ovvero al massimo pari a 875 kB/s, cioè a 875 kilobyte al secondo. Se invece stai scaricando un file con una velocità in download di 20 Mbps, cioè di 20.000 kbps, significa che stai scaricando una quantità di dati con una velocità al massimo pari a 20.000 kbps / 8 bit, ovvero al massimo pari all’incirca a 2,4 MB/s, cioè a 2,4 megabyte al secondo.

Lo speed test, questo sconosciuto!

Quante volte ci siamo lamentati della lentezza della nostra connessione? In genere, la prima cosa che viene in mente di fare è chiamare il proprio operatore per capire se c’è un guasto. Dall’altra parte, la persona del servizio clienti ci chiede se abbiamo fatto uno speed test. Di cosa si tratta? Perché è importante farlo, ma soprattutto farlo bene? In questa miniguida vi sveliamo tutto quello che c’è da sapere!

Innanzitutto, esistono tanti speed test. Fanno tutti più o meno la stessa cosa, ovvero lanciano una diagnostica sulla connessione per verificarne l’effettiva velocità e danno delle indicazioni che possono essere utili in vista di un’eventuale verifica tecnica. Il più utilizzato dai principali operatori del settore è lo strumento di Nperf (lo trovate qui) di cui esiste la pagina web e anche una comoda applicazione per tutti gli smartphone. Non serve essere tecnici per capirlo e interpretarlo al meglio. Uno speed test effettuato nelle condizioni giuste (e vi diremo quali sono) può dirci tanto sulla qualità della nostra linea e capire, ad esempio, se c’è un guasto sulla tratta, se è il wi fi che non va, se il nostro abbonamento va bene per il gaming online eccetera.

Speed test, come funziona

Collegandosi al sito che vi abbiamo linkato (o a qualsiasi altro dello stesso genere) trovate un pulsantone “go” o “vai”. Schiacciandolo, parte una verifica della connessione che dura pochi secondi e che restituisce tre dati fondamentali: il ping, il download e l’upload. Come leggere questi valori?

  • Ping è il tempo che il segnale impiega a raggiungere il server del test (e ritorno) e si misura in millisecondi. Si dice che più il valore è basso migliore sarà la connessione, ma non è sempre vero. Dipende sempre dall’uso che ne fate. Se vi serve per giocare online (con pc o console) allora si, il ping deve essere basso perché diversamente avreste un’alta latenza e più possibilità di lag. Cosa vuol dire? Che in una squadra di giocatori online, voi sareste quelli che arrivano sempre “in ritardo”. Come diminuire un ping alto? Spesso non si può. Vale la pena, però, fare il tentativo di richiedere questa modifica al vostro operatore. A pagamento o tramite altre operazioni, possono essere sbloccate delle configurazioni che permettono di guadagnare qualche millisecondo.
  • Download è forse il valore più noto, quello che conoscono tutti. Misura effettivamente la velocità con cui la rete scarica i dati e più questo numero (misurato in mb/secondo) è alto più effettivamente la linea è veloce. Si tratta di un dato molto variabile, che dipende da tanti fattori: non ultimo, il modo in cui lo speed test viene effettuato.
  • Upload (sempre in mb/secondo) indica quanto veloce è la linea a caricare dei contenuti sulla rete, ad esempio allegare un file ad una mail o effettuare l’upload di un video su Youtube. Se questo valore è basso, il caricamento sarà più difficoltoso e ci metterà più tempo. Dato che la maggioranza delle connessioni a nostra disposizione è asimmetrica, l’upload è sempre molto più basso del download ed è normalissimo che sia così. Per avere i valori di download e upload uguali è necessaria una connessione simmetrica, detta anche shdsl. Molto costose e con modalità di attivazione particolari, le shdsl sono quasi esclusivamente riservate alle aziende con esigenze lavorative molto specifiche.

In passato, esisteva un quarto valore detto jitter che misurava la stabilità della linea. Più era basso, meno la linea era soggetta a cadute ed interruzioni. Oggi non viene più indicato perché considerato poco significativo.

Come si fa lo speed test?

Per avere un test affidabile, però, è necessario farlo bene. Un test effettuato in maniera non corretta dà risultati completamente falsati che non sono per niente utili. Essenzialmente, il test va effettuato a rete scarica. Cosa vuol dire? Collegare un solo dispositivo via cavo al router e spegnere o scollegare tutti gli altri (smartphone, tablet, elettrodomestici, smart tv, eccetera). Se il cavo non fosse disponibile, va bene anche via wi fi stando molto vicino alla sorgente del segnale. In questo caso è ancora più importante scollegare tutti gli altri dispositivi. Lo speed test è utile anche a capire se c’è qualche apparecchio che sta impiegando troppa banda per aggiornamenti anomali o download massivi.

Se state effettuando lo speed test con lo smartphone, attenzione alla rete a cui siete connessi! Attraverso le icone sullo schermo, verificate se siete connessi via wi fi (in quel caso testerete la velocità della linea fissa) oppure no (finirete per testare la velocità della rete mobile). Un test effettuato correttamente serve anche da diagnostica molto blanda per router e/o access point. Se da test le performance di linea sembrano buone ma voi riscontrate comunque lentezza, potrebbe essere un problema di router o di configurazione della rete wireless. Consigliamo pertanto di fare il test con un cavetto ethernet collegato direttamente dal router/modem al pc, il risultato sarà molto più affidabile.

Sappiamo che la linea lenta non piace a nessuno, ma utilizzare correttamente gli strumenti è importante! Se dopo aver fatto uno speed test nel migliore dei modi i risultati non vi soddisfano, provate a contattarci. Potremmo aiutarvi a risolvere quei problemi che sembrano insormontabili!

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Arrestare Windows con un collegamento sul desktop

Che tu ci creda o no, è possibile spegnere un computer senza premere alcun pulsante e senza utilizzare il menu ‘Start’. Tutto quello che serve è il programma più semplice che esista: ‘Notepad’!

Apri ‘Notepad’ sul tuo computer. Accedi al menu ‘Start’, seleziona la voce ‘Programmi’, scegli ‘Accessori’ ed infine seleziona l’opzione ‘Notepad’.


All’interno della finestra apparsa, digita il seguente comando:
 ‘shutdown -s -t 45’ (senza apici).

*shutdown -s -f. Dove -s sta per “spegnere” e -f sta per “forza la chiusura dei programmi aperti”. Volendo è anche possibile aggiungere il tempo prima dello spegnimento (Che di default è 30 secondi) aggiungendo -t 000 (000 sta per le cifre in secondi).

Al termine salva il file con estensione ‘.bat’.

Esegui il file batch appena creato. Apparirà una finestra di dialogo che spegnerà il computer dopo un attesa di 45 secondi.

Se lo desideri puoi modificare il tuo programma, utilizzando il comando ‘shutdown -a’ (senza apici).

  • Dopo aver salvato le modifiche, seleziona l’icona del tuo file con il tasto destro del mouse e scegli la voce ‘Crea collegamento’ dal menu contestuale apparso. Adesso seleziona l’icona del collegamento al tuo file con il tasto destro del mouse, e scegli la voce ‘Proprietà’ dal menu contestuale apparso. Seleziona la scheda ‘Collegamento’ della finestra ‘Proprietà’ e premi il pulsante ‘Cambia icona’. Ora non devi fare altro che selezionare l’icona relativa all’arresto del computer.

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Cos’è il Relè

Il relè è un componente elettromeccanico il cui azionamento avviene mediante un elettromagnete costituito da una bobina di filo conduttore elettrico, generalmente di rame, avvolto intorno ad un nucleo di materiale

ferromagnetico. Al passaggio di corrente elettrica nella bobina, l’elettromagnete attrae l’ancora alla quale è vincolato il contatto mobile che quindi cambierà posizione. Nella figura a fianco è rappresentato un relè con tre contatti: uno mobile e due fissi. Quando il relè è a riposo il contatto mobile è in contatto con uno dei due contatti fissi. Quando il relè è “eccitato”, cioè quando la bobina è percorsa da corrente elettrica, la situazione si inverte e il contatto mobile si sposta sull’altro contatto.

Immagine che schematizza il funzionamento di un relè.
Legenda:
1. Bobina
2. Ancora
3. Contatto mobile

Caratteristiche

I contatti del relè costituiscono gli interruttori o gli scambi, il cui stato (aperto o chiuso) dipende dall’eccitazione dell’elettromagnete. Ad esempio, un relè con due contatti può funzionare come interruttore, mentre un relè con tre contatti può funzionare come commutatore. Per ciascun interruttore o commutatore sono presenti un contatto mobile e, rispettivamente, uno o due contatti fissi. In quest’ultimo caso il contatto mobile è situato tra i due contatti fissi.

Quando l’elettromagnete di un comune relè a tre contatti è a riposo, il contatto mobile risulta elettricamente connesso ad un contatto fisso formando un circuito chiuso; un terzo contatto, anch’esso fisso, risulta invece disconnesso (circuito aperto). Quando l’elettromagnete viene eccitato la situazione si inverte: il contatto mobile si sposta disconnettendosi dal primo contatto fisso e connettendosi all’altro. I contatti fissi sono quindi rispettivamente detti normalmente chiuso (NC) e normalmente aperto (NO), in chiaro riferimento allo stato normale (cioè quando l’elettromagnete è diseccitato).

I relè con due contatti sono generalmente di tipo normalmente aperto. Esistono in commercio relè con un numero di contatti multiplo di due o di tre, dove cioè sono presenti più interruttori o deviatori comandati simultaneamente dallo stesso elettromagnete.

I relè vengono classificati in base alla grandezza alla quale sono sensibili:

  • Voltmetrici
  • Wattmetrici
  • Amperometrici
  • Tachimetrici
  • Frequenzimetrici
  • Ad impedenza

Grazie all’utilizzo di trasduttori queste grandezze possono anche non essere elettriche.

Ulteriore classificazione è fatta in base al principio di funzionamento:

  • Magnetico
  • Termico
  • Magnetotermico
  • A induzione

La suddivisione può essere fatta in base al valore della grandezza misurata:

  • Di massima
  • Di minima
  • Differenziale

Per quanto riguarda la logica di funzionamento una classificazione può essere la seguente:

Monostabili

Una sola posizione dei contatti è stabile, mentre l’altra si ha solamente quando è presente il segnale di eccitazione in ingresso: ad esempio sono relè monostabili quelli che controllano i potenti motori di grosse macchine operatrici, come i carri ponte, i quali sono comandati da circuiti a bassa tensione per motivi di sicurezza.
Alcuni modelli impiegano un tempo prefissato per modificare lo stato di commutazione: questi si definiscono relè temporizzati; più precisamente, esiste un ritardo stabilito tra l’applicazione del segnale e la commutazione del circuito, ci sono vari modelli di relè temporizzati: ritardati nell’eccitazione o nella diseccitazione, a colpo singolo o ciclico. cioè nell’aprire o chiudere il circuito in ogni situazione.

Bistabili

Che possono essere raggiunte con l’applicazione di un segnale su uno dei due ingressi corrispondente alla posizione. Questa funzionalità è anche detta a flip-flop. Caratteristiche di questi modelli sono l’assenza di consumo energetico per mantenere la posizione e persistenza dello stato anche dopo lo spegnimento dell’apparecchiatura che li impiega. Si dice che le apparecchiature appartenenti a questa categoria siano dotate di memoria, in quanto memorizzano il segnale che le attiva (eccitando la bobina).
In funzione del sistema che mantiene l’ultima posizione raggiunta i relè bistabili possono essere ulteriormente catalogati in relè a ritenuta magnetica o a ritenuta meccanica. I primi vengono eccitati tramite l’alimentazione della bobina di eccitazione e rimangono nella posizione “1” tramite un magnete permanente. La bobina di diseccitazione crea un campo magnetico che si oppone a quello prodotto dal magnete permanente e determina il ritorno alla posizione “0” per effetto della gravità o di una molla di richiamo. Nei relè a ritenuta meccanica la posizione raggiunta viene bloccata da un arpionismo meccanico che viene sganciato dalla bobina di diseccitazione.

Passo-passo

Il relè passo-passo venne brevettato nel 1949 da Piero Giordanino, che nel 1954 fondò la Finder, azienda torinese leader italiana nel settore. Una serie ciclica di configurazioni dei contatti viene percorsa, avanzando di un passo ad ogni impulso applicato all’ingresso. Sono costituiti da un contatto posizionato su una camma a sezione quadrata che ad ogni impulso ruota di un ottavo di giro (passo), il contatto si può trovare sul lato del quadro (contatto chiuso), oppure sul vertice del quadro (contatto aperto), e così in successione. Sono di questo tipo i relè che controllano l’accensione e lo spegnimento degli impianti di illuminazione, civili o industriali, con comando da più di due punti: più pulsanti collegati fra di loro in parallelo controllano l’eccitazione della bobina del relè. Ogni volta che la bobina viene eccitata con la pressione di un qualsiasi pulsante, la camma ruota di un passo e, a causa della sua conformazione, alterna ad ogni azionamento una posizione del contatto chiuso ad una del contatto aperto.

Simili modalità di funzionamento sono applicate nei vecchi programmatori meccanici delle lavatrici e delle lavastoviglie.

Ad impulsi

Si definiscono in questo modo i relè che permettono un loro funzionamento tramite un’alimentazione limitata nel tempo, appunto impulsivamente, generalmente i relè che possono essere alimentati in questo modo possono essere del tipo temporizzato/monostabile e/o passo-passo

A disco

Il relè a disco è ampiamente utilizzato in Italia per garantire la sicurezza nella logica di funzionamento degli impianti ferroviari. Il relè viene normalmente usato come relè di controllo di posizione del relè schermo dei segnali permanentemente luminosi (solo negli impianti molto vecchi, successivamente il controllo di posizione è stato realizzato in corrente continua, oggigiorno i segnali sono statici quindi quel controllo è stato eliminato) e come relè dei circuiti di binario alimentati in corrente alternata.

Il principio di funzionamento, simile a quello dei contatori di energia tradizionali, quelli a disco che fino a pochi anni fa misuravano l’energia utilizzata nelle nostre case (i kWh), garantisce che un opportuno disco disposto all’interno del relè si muova solo se la coppia motrice, proporzionale al prodotto di due correnti sinusoidali e dello sfasamento tra di esse, superi un valore minimo preimpostato.

Il relè è previsto per il funzionamento in corrente alternata alle frequenze di 50, 75 e 83,3 Hz. Le due tensioni sinusoidali vengono denominate “Campagna” e “Locale”. Se lo sfasamento delle due tensioni sinusoidali è di circa 90°, la frequenza è quella di progetto, il valore fisso della Locale è di circa 80 Vca mentre quello variabile della Campagna (sfasato in anticipo rispetto alla locale) è di circa 16/18 V CA il relè si eccita. Quindi la presenza o meno della tensione di Campagna determina l’eccitazione o la diseccitazione del relè, la diseccitazione è comunque garantita (in assenza di tensione) dalla caduta per gravità del disco.

Speciali

Specialmente nel passato, prima dell’avvento della microelettronica erano impiegati relè dal funzionamento particolare, come quelli per la selezione decadica telefonica e i relè ripetitori per il segnale del telegrafo.

Amperometrici

La bobina viene inserita in serie sul circuito di un utilizzatore del quale si vuole controllare l’assorbimento o il regolare funzionamento. La bobina ha una resistenza interna propria molto bassa per influenzare il meno possibile la corrente assorbita dal carico e la corrente che l’attraversa dipende quindi dalla corrente assorbita dal carico. Se la corrente raggiunge un valore sufficiente il relè si eccita. È usato in ferrovia per controllare l’accensione delle lampade dei segnali. Sono caratterizzati da un rapporto di diseccitazione molto alto (0,6 contro gli 0,4 dei relè normali) ovvero la corrente di diseccitazione è uguale a 0,6 volte quella di eccitazione. Questa caratteristica serve per determinare la diseccitazione del relè non solo nel caso che una lampada si fulmini riducendo a zero la corrente assorbita ma anche nel caso che un difetto nel circuito determini un abbassamento della corrente e quindi una riduzione di luminosità della lampada.

Differenziali

Il relè esegue un raffronto fra le correnti che attraversano due bobine del relè indipendenti fra loro ed interviene al raggiungimento della differenza impostata in fase di progetto e taratura. Sono un esempio i comuni salvavita. Le correnti in ingresso ed in uscita dal nostro circuito di casa verso la rete di distribuzione devono essere uguali ed il salvavita lo verifica. Se una persona tocca un punto in tensione dell’impianto una parte di corrente passa da una fase della rete a terra attraversando il corpo. Il salvavita rileva una corrente in ingresso superiore alla corrente in uscita, dove la differenza è la corrente che sta attraversando il corpo, ed interviene interrompendo l’erogazione di energia all’impianto. Ecco perché il relè differenziale, utilizzato per quello specifico scopo, è comunemente definito salvavita.

Temporizzati

Sono relè in grado di eccitarsi con un ritardo rispetto all’istante nel quale vengono alimentati (ritardo alla eccitazione) o in grado di diseccitarsi con ritardo rispetto al momento dell’interruzione dell’alimentazione (ritardo alla diseccitazione). Erano oggetti piuttosto complessi che utilizzavano, ad esempio, membrane con fori calibrati e regolabili che lasciavano passare dell’aria con tempi regolabili. Sono stati ormai sostituiti da semplici circuiti elettronici. Brevi ritardi alla diseccitazione (dell’ordine di pochi secondi) sono oggi ottenuti collegando in parallelo alla bobina un condensatore  che si carica nella fase di alimentazione e continua ad eccitare il relè al cessare dell’alimentazione.

Tipologia

A elettromagnete

Il relè a elettromagnete è il tipo di relè più diffuso, dove i contatti e l’elettromagnete sono contenuti in un piccolo contenitore, generalmente in plastica. Questi contatti vengono modificati tramite l’eccitazione e diseccitazione dell’elettromagnete, il quale tramite un rinvio modifica lo stato dei contatti elettrici. Questo tipo di relè viene connesso solitamente con un semiconduttore, detto , diodo volano collegato in parallelo al solenoide, per migliorarne il funzionamento in regime di transitori veloci.

Dry-reed

Il dry-reed è un tipo di relè monostabile in cui i contatti sono contenuti in una ampolla in vetro sigillata ermeticamente, al cui interno è stato immesso gas inerte. Le due lamine metalliche che costituiscono il contatto sono realizzate in materiale ferromagnetico, in modo tale che investite da un campo magnetico esterno si magnetizzino temporaneamente ed attraggano tra loro. Esiste anche una versione con contatto normalmente chiuso, realizzato con una lamina in materiale non ferromagnetico che è in contatto con una lamina in posizione di riposo. Esiste una versione con una terza lamina, impiegato nella funzione di deviatore.

Vantaggio di questo dispositivo è la bassa usura nel tempo, dovuta alla totale protezione dei contatti da polvere ed umidità, nonché il ridotto rischio di innesco di archi voltaici. La chiusura del contatto può avvenire tramite un solenoide che circonda il bulbo, oppure con un elettromagnete, ma anche con un campo prodotto da un magnete avvicinato al dispositivo. Questo sistema è usato nei contatti magnetici degli antifurto.

A mercurio

Un tipo simile ai dry-reed, la cui lamina mobile, sfruttando il fenomeno di capillarità, è costantemente bagnata di mercurio, metallo liquido, amagnetico e conduttivo. Hanno il vantaggio di avere una bassa usura dei contatti, ma possono lavorare in una sola posizione.

A stato solido

Chiamati anche “statici” o “circuiti a PWM”, disponibili per lavorare con tensioni alternate, hanno la caratteristica di non avere contatti meccanici. Sono costituiti da due circuiti elettronici separati galvanicamente tra loro tramite un fotoaccoppiatore (più spesso con optotriac: un fotoaccoppiatore con un fototriac al posto del fototransistor), la parte operante in serie al carico, è costituita da un triac, attivato e disattivato tramite un segnale a livello logico che pilota il fotoaccoppiatore. Esiste un tipo definito “zero crossing”, che effettua la chiusura e l’apertura del circuito, in prossimità del passaggio sullo zero della sinusoide, minimizzando il picco di corrente generato sulla linea. Sono forniti per potenze varie, da pochi watt a qualche chilowatt. Il loro costo è elevato, virtualmente immuni da usura, sono impiegati in circuiti sottoposti ad alta frequenza di azionamento e dove necessita alta affidabilità nel tempo.

A circuito integrato

La funzione relè può essere svolta anche da dispositivi a circuito integrato, in applicazioni in cui la corrente e la tensione siano di piccolo valore e sia richiesta alta affidabilità e velocità di commutazione, questo tipo di dispositivo viene largamente impiegato; sono chiamati commutatori analogici (analog switches) ed i produttori sono gli stessi dei circuiti integrati. L’apertura e chiusura del circuito avviene attraverso una giunzione, pertanto non soggetta ad usura, a differenza di un contatto meccanico. Inizialmente un loro limite era costituito dal valore resistivo del “contatto”, se in apertura essendo dell’ordine dei giga ohm equivale ad un contatto aperto, in chiusura non scendeva al di sotto di qualche decina di ohm, valore sufficientemente basso per la maggior parte delle applicazioni; i dispositivi attuali presentano valori in chiusura inferiori all’ohm e frequenze di lavoro di centinaia di MHz. Il comando di attivazione è costituito da un segnale a livello logico. Va inoltre tenuto presente che tali circuiti non hanno isolamento galvanico tra segnale di attivazione e circuito controllato. Il package può essere plastico, ceramico o metallico. La funzione del circuito può essere molto semplice, come un singolo interruttore, oppure più complessa, come un multiplexer. Storico produttore specializzato in questi dispositivi è Siliconix.

Degrado e usura

In questi dispositivi la corrente che scorre nel contatto è molto piccola, ma è causa nel tempo di formazione di ossido sulla superficie dei contatti, impedendo il passaggio della corrente. Per questo alcuni relè adottano come accorgimento l’auto-pulizia, cioè prevedono volutamente che in fase di chiusura e apertura i contatti debbano strisciare leggermente fra di loro. Nel caso in cui questi dispositivi vengano usati inappropriatamente, quindi con carichi con un elevato assorbimento, si può andare facilmente incontro a un incollaggio dei contatti elettrici per via della fusione degli stessi.

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Ridurre lo sfarfallamento delle lampadine a LED

Avete scelto lampadine a led e vi è capitato di notare sfarfallii e sbalzi di intensità durante l’utilizzo o dopo averle spente?

Non preoccupatevi si tratta di un problema facilmente risolvibile!

Prima di illustrarvi perché lampeggiano e le possibili soluzioni, soffermiamoci un attimo sulle caratteristiche delle lampadine a LED e sulle motivazioni che, probabilmente, ti hanno portato a questa scelta.

Lampadine a LED

Le lampadine a LED hanno ormai sostituito, in molti casi, le precedenti lampadine fluorescenti o ad incandescenza. Questo tipo di lampadina aiuta ad ottimizzare i consumi grazie al consumo energetico ridotto e fornendo, allo stesso tempo, una resa ed una durata migliori (dati statistici riportano che la vita media di una lampadina a led è di circa 13 anni).

Le lampadine a LED sono anche ecologiche perché riciclabili al 99%.

Lampada che lampeggia e sfarfalla, come risolvere?

Solitamente quando la lampada comincia a lampeggiare o manifestare strani sfarfallii, la colpa è del circuito interno che a causa di un piccolo urto potrebbe essere stato disturbato.
La prima cosa da fare è quindi aprire il sistema interno e controllare che il circuito LED sia correttamente interrotto sulla fase.
Qualora l’interruttore interno fosse rimasto bloccato in apertura, vi basterà spostarlo leggermente verso destra con un cacciavite, e lo sfarfallio scomparirà immediatamente.
Se questa piccola manovra non ha funzionato, il guasto potrebbe essere dovuto al trasformatore che non riesce a trasmettere correttamente l’energia elettrica. Generalmente questa problematica può essere individuata in maniera immediata grazie al piccolo filo rosso di conduzione che appare distaccato dal circuito. Tuttavia non è un grande problema, vi basterà applicare una piccola goccia di colla liquida per riposizionarlo correttamente nel circuito. Ovviamente prima di testarne il funzionamento vi consigliamo di attendere qualche minuto affinché la colla si asciughi a sufficienza.

Cosa fare se la lampada LED rimane accesa?

Un altro problema tipico delle lampade a LED, specialmente se reduci da molti mesi di utilizzo, è la luce che rimane accesa anche dopo lo spegnimento da interruttore.
Possiamo ricollegare questo problema alla posizione dell’interruttore di cui abbiamo parlato in precedenza.
Purtroppo basta una piccola scarica elettrica fuori gamma, affinché esso rimanga bloccato dalla posizione in circuito.
La cosa migliore da fare in questa situazione è modificare la posizione in maniera manuale. Armatevi nuovamente del cacciavite a stella, ed esercitate una leggera pressione verso destra che dovrebbe rimuovere il blocco. Nella stragrande maggioranza questo procedimento porta alla completa risoluzione del problema, tuttavia potrebbe esserci ancora un fattore causa del malfunzionamento. La lampadina a LED limita a massimo il surriscaldamento della bobina, tuttavia dopo molte ore consecutive di utilizzo il surriscaldamento è inevitabile. In questo caso non occorre aprire il circuito interno; sarà sufficiente aspettare qualche minuto affinché la temperatura si stabilizzi facendo scattare il blocco del circuito.

Perché buttare la lampada a LED quando possiamo ripararla in pochi semplici passi? Seguendo la guida che vi abbiamo proposto oggi, e armandovi di un po’ di sana pazienza, riuscirete a risolvere il problema della vostra lampada in un batter d’occhio!

Perché lampeggiano?

Se notate un fastidioso sfarfallio o un lampeggiamento in fase di illuminazione o dopo aver spento la vostra lampada, il problema potrebbe essere legato alla lampadina stessa, ma si tratta di un’eventualità piuttosto rara.

Nella maggior parte dei casi il malfunzionamento è legato all’alimentazione non adeguata.

Per prima cosa verificate che l’interruttore, il deviatore o l’invertitore siano collegati separatamente e non con la spia luminosa, che spesso si trova sull’interruttore stesso. Se l’interruttore è illuminato da una spia, sarà necessario utilizzare fili elettrici diversi per la sua alimentazione, in modo tale da evitare un sovraccarico.

Talvolta, questo problema si verifica anche quando l’interruttore, il deviatore o l’invertitore arrestano il flusso di corrente proveniente dal neutro, anziché bloccare quello della fase. Ciò comporta una dispersione di energia che porta al conseguente effetto sfarfallio (anche detto flickering). Per ovviare a questo problema, in tal caso, sarà necessario andare ad aggiungere un interruttore differenziale che vada ad interrompere il flusso elettrico in entrambi i fili.
Se i led lampeggiano quando la luce dovrebbe essere spenta, potrebbero esserci dei ritorni di corrente causati da driver, alimentatori o trasformatori presenti nell’impianto.

Un’altra causa potrebbe essere l’eccessiva vicinanza dei cavi di alimentazione nei tubi. La distanza limitata può, infatti, portare a interferenze e disturbi elettrici che i LED, essendo molto sensibili, vanno ad intercettare, anche nel caso si tratti di una minima quantità di corrente elettrica.

Come ultima alternativa, puoi controllare se l’isolamento sull’attacco della lampadina sia adeguato.

Qualunque sia il problema che porta a tale fenomeno, il nostro consiglio è sempre quello di rivolgersi ad un elettricista o ad un tecnico che, in poco tempo, sarà in grado di “diagnosticare” e risolvere l’inconveniente.

Come detto, in rari casi il lampeggiamento è dovuto alla lampadina stessa. Questo accade con lampade prodotte con fosforo, un materiale capace di far risaltare la luce ma che, al tempo stesso, si “carica” e conserva questa energia per alcuni minuti. In questo caso non si tratta di un vero e proprio sfarfallio, ma piuttosto di una luce molto debole che tende a scomparire nel giro di pochi minuti.

Riepilogando

Se le lampadine a LED lampeggiano, anziché mantenere costante l’intensità della luce, potrebbe esserci un piccolo problema all’impianto elettrico e potrebbe non ricevere energia elettrica sufficiente per funzionare nel modo corretto. Chiedendo consiglio ad un esperto nel settore potrai risolvere in breve tempo.

Se, invece, l’effetto sfarfallio si verifica dopo aver spento la luce, potrebbe esserci una lieve interferenza, un flusso di corrente proveniente dal filo della fase oppure  semplicemente si sta utilizzando una lampadina realizzata con fosforo. In quest’ultimo caso, sarà sufficiente attendere qualche minuto e la situazione si stabilizzerà da sola.

Si puo` risolvere il problema facendo l’impianto in modo corretto, con l’interruttore che interrompe la fase, oppure, se l’impianto c’e` gia` e non puo` essere modificato, mettendo un condensatore in parallello all’ingresso della lampada alimentata a 220 V

In alcuni casi lo sfarfallio si risolve mettendo su fase e neutro lato lampadario un condensatore da 1,5uf o 2uf se hai una doppia accensione ne devi mettere 2.

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Calcolare la resistenza per diodo led

Ricavare un valore resistivo da inserire in una serie con uno o più diodi led, è un’operazione abbastanza semplice.Infatti basta solo conoscere alcune caratteristiche tecniche, come la tensione di alimentazione del circuito, la tensione che cadrà su ogni singolo diodo led e la corrente da far scorrere nel led, per poi, attraverso la legge di ohm, con un semplice passo si ricaverà il valore finale della resistenza da inserire in serie al circuito.

Formule principali della legge di ohm:

Leggenda:

V = tensione
A = ampere – corrente
W = potenza
R = resistenza
W = potenza
V = R x A;
V= W : A;
A = V : R;
A = W : V;
R = V : A;
R = (V x V) : W;
W = V x A;
W = (V x V) : R;

Con  queste semplici formule è possibile dunque dimensionare il proprio circuito elettrico, ma nel caso specifico, vediamo come ricavare il valore delle resistenza raffigurato nella figura qui in alto.
Si può notare che la tensione di alimentazione è pari a 12V, e i diodi led in serie sono 2.
Ovviamente  tutte le precise caratteristiche dei led si possono controllare sui rispettivi datasheet, ma nel nostro caso, ai fini del calcolo, utilizzeremo un classico diodo led. Sapendo che i diodi led lavorano con una tensione di 2.5V e con una corrente che va da 10 a 30mA (ovviamente più si aumenta la  corrente che scorrerà all’interno del diodo led, molto più breve sarà il ciclo di vita del led), in questo esempio ci limitiamo ad una  corrente di 15mA. Sapendo che i led in serie sono due, e la caduta di tensione su ogni singolo led è di 2.5V, si deduce che la tensione che la resistenza dovrà contenere sarà di:
12 – (2.5 * 2)= 7 Volt

Utilizzeremo quindi questa formula:
R = V : A, in cui V sarà uguale a 7, mentre A sarà uguale a 0.015A (per trasformare il valore da mA ad A, è necessario dividere il valore per 1000)
R1 = 7 : 0.015 = 466 OHM
Il valore 466 ohm quindi è il valore resistivo da inserire in serie al circuito per limitare la corrente a 15mA, ma non essendo un valore  standard, utilizzeremo quello prossimo, 470 ohm 

Un’ultima operazione da effettuare è quella di calcolare la potenza della resistenza.
W = V x A
in cui, V sarà uguale a 7, mentre A sarà uguale a 0.015 A
W = 7 x 0.015 = 0.105 W
in questo caso sarà sufficiente una classica resistenza da 1/4 di Watt.

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Realizzare uno Stabilizzatore di Tensione Variabile tra 1.25 e 20V con Corrente Massima di 3 Ampere

L’integrato LM317 è un regolatore di tensione positivo a tre PIN in grado di fornire diverse tensioni continue in uscita o anche correnti. In particolare le tensioni possono essere regolabili tra 1.25V e 37V  e l’integrato è in grado di fornire 1.5A.

Richiede solo alcuni componenti esterni per cambiare funzione , ad esempio servono solo due resistenze per ottenere un regolatore di tensione regolabile.  La regolazione di linea e di carico sono abbastanza buone e il circuito inoltre dispone di diverse protezioni, come la protezione termica, la protezione di corrente e la protezione da safe operating area. Queste protezioni bloccano la corrente di uscita quando la temperatura è troppo elevata, quando la corrente di uscita è troppo elevata oppure quando la tensione di ingresso è troppo elevata.

Il componente si presenta come in figura e può avere due diversi package, il primo il classico TO-220 viene usato nel montaggio attraverso i fori mentre il TO-263 viene usato per i circuiti SMD.

PIN E CARATTERISTICHE ELETTRICHE

L’integrato ha tre PIN, il primo è chiamato Adjust (o ADJ) ed è il pin di regolazione, poi vi è Vout che è il pin che fornisce la tensione in uscita mentre Vin è il pin della tensione di ingresso. Tra il pin di ingresso e di uscita vi sarà una tensione detta tensione di dropout (Vdrop), questa tensione serve per il funzionamento dei circuiti interni e inoltre è dovuta alla caduta di tensione sull’elemento serie. Lo schema a blocchi è il seguente:

L’elemento serie è formato da due transistor in configurazione darlington, inoltre vi è una resistenza per rilevare la corrente di uscita. In funzione della corrente in uscita e della temperatura agisce il blocco chiamato “Over temp & over Current Protection” che elimina in caso di problemi la polarizzazione del transistor darlington . La tensione di riferimento viene generata da un diodo Zener da 1.25V polarizzato da Iadj, una corrente di riferimento. L’operazionale, in configurazione di error amplifier fa si che tra il pin ADJ e Vout vi siano sempre 1.25V.

Le caratteristiche elettriche sono le seguenti:

  • Tensione massima tra Vout e Vin: 40V
  • Tensione minima tra Vout e Vin (Vdrop): 3V
  • Vout: da 1.25V a 37V
  • Corrente di uscita: da 10mA fino a 1.5A
  • Regolazione di linea: 0.01%/V
  • Regolazione di carico: 0.1%/V
  • Corrente pin ADJ: 50uA
  • Rumore RMS: 0.003%/Vout
  • Reiezione al ripple: 57dB

La tensione massima come detto prima è 40V, la minima invece sarà data dal dropout  più la minima tensione in uscita, ovvero 3+1.25=4.25V. Il dropout è 3V. La corrente va da 10mA fino a 1.5A, il regolatore non garantisce una tensione regolata secondo datasheet se la corrente è minore di 10mA, quindi si potrebbe usare una resistenza in uscita che garantisce una corrente di uscita di 10mA.

La regolazione di linea indica coma varia la Vout se varia la Vin ovvero se la Vout è 5V e la Vin varia da 10V a 11V allora vi sarà una variazione di 0.05% ovvero 2.5mV.

La load regulaztion invece indica che se il carico varia da 10mA a 1.5° allora l’uscita subirà una variazione di tensione pari allo 0.1% ogni volt, ovvero se l’uscita è 5V vi sarà una variazione di 50mV dell’uscita. Dal pin ADJ esce una corrente di 50uA generata dal generatore di corrente.

Il rumore RMS generato in uscita su un tensione di 10V è di 30uV essendo lo 0.003% di Vout. Il ripple in ingresso viene attenuato di circa 57dB senza utilizzare i condensatori di uscita.
 

SCHEMA DI UTILIZZO COME REGOLATORE DI TENSIONE

Lo schema classico di utilizzo, come regolatore di tensione, è il seguente:

La tensione di ingresso è la tensione di rete a 230Vrms che viene ridotta a una tensione di 20Vrms dal trasformatore T1. Il trasformatore T1 deve avere una potenza di almeno 60VA. D1 deve essere un ponte di diodi da almeno 50V 5Ampere, quello nello schema è da 25ampere 100V.
R1 e il LED formano una spia di presenza rete.
Q1, R4 e U1 formano il regolatore di tensione con corrente maggiorata e la tensione di uscita dipende da R1 e R2. R1 fa si che vi sia una corrente da 4.6mA (1.25/270) che scorre in R2, in modo tale da creare una caduta di tensione da 0V fino a circa 21V in modo tale da avere una tensione di 1.25V in uscita fino a 20V.
D2 è un diodo di protezione, C2 e C3 condensatori di filtraggio.
Q1 al massimo dissipa 23W mentre U1 18W per un totale di 41W considerando che sotto i 5v si assorbono solo correnti massime di 2A. Il dissipatore dove si connettono Q1 e U1 attraverso mica isolante deve avere un valore pari a:

R_termica_dissipatore = ((Tjmax-Tamb)/Pd – Rjc – Rcs) = ((160-30)/41 – 0.6 – 1) = 1.6°C/W

dove Tjmax è la temperatura massima della giunzione, Tamb è la temperatura ambiente massima, Pd è la potenza dissipata, Rjc la resistenza termica tra giunzione e case e Rcs la resistenza termica tra case e dissipatore. Quindi si usa un dissipatore di valore 1.6°C/W o minore.
Lo schema può essere montato su breadboard così possiamo testarlo.